La Stampa, 24 dicembre 2010. Cota: bravi. Il sindaco: non discriminare chi non ha detto di si. L’avevano chiesto in tanti l’accordo prima di Natale e adesso che è arrivato se ne compiacciono con dichiarazioni che fioccano mentre Film, Uilm e Fismic, Ugl e associazioni Quadri stanno ancora firmando. L’unico che, forse perché ex sindacalista si sofferma su tutti gli aspetti e il sindaco Sergio Chiamparino. Dice: «E’ positivo per aver schivato il rischio di perdere un investimento da un miliardo. Ora spero che si creino le condizioni per un contratto sull’auto, ma soprattutto che chi non ha firmato non venga discriminato». Contento il presidente della Regione Roberto Cota: «Apprezzo molto la lungimiranza e il senso di responsabilità dimostrati sia da Fiat sia da sindacati che hanno sottoscritto il piano per lo stabilimento». Per il presidente della Provincia , Antonio Saitta con l’accordo «si apre uno spiraglio importante». E non ha dubbi: «I lavoratori non potranno che avallare l’intesa perché consente di guardare con speranza al futuro della Fiat a Torino». Sul fronte imprenditoriale il presidente dell’Unione industriale, Gianfranco Carbonato si sofferma sugli «elementi di discontinuità nel sistema delle relazioni industriali». Sostiene che l’accordo le «ammoderna e rende compatibili con l’attività manifatturiera del nostro Paese». Auspica che «le nuove regole, nate a livello aziendale, possano essere recepite all’interno di un contratto nazionale per l’auto». Il leader dell’Api Fabrizio Cellino è certo che l’intesa segni «un passo in avanti importante che finalmente conferma l’attenzione delle parti in causa al nostro territorio». Soddisfatti sono anche i vertici della Cna che avevano sollecitato l’accordo. Anche la politica interviene. Per il Pd, PPiero Fassino dice che «è importante l’accordo perché consente di non perdere l’investimento». Ma aggiunge: «Il fatto però che non sia stato sottoscritto da tutte le parti sindacali è un punto delicato che va affrontato con responsabilità: chi non ha firmato non deve essere oggetto di discriminazione». Il suo collega Davide Gariglio non ha remore: «Si tratta di un accordo di alto profilo che tiene aperta una prospettiva di sviluppo per Torino nello scenario mondiale del mercato dell’auto». E, invece, si tratta di «un regalo avvelenato di Marchionne agli operai e alla città» per Petrini del Prc. Mentre Monica Cerutti della Sel ritiene che ogni lavoratore sarà sempre più solo nel far valere i propri diritti; saltano le relazioni sindacali». Scontate le reazioni sindacali. Cortese della Uil si aspetta «l’approvazione da parte dei lavoratori e il sostegno inequivocabile delle forze politiche e delle istituzioni». E aggiunge: «L’accordo è stato fatto per salvaguardare Mirafiori e garantire l’occupazione attuale e futura anche dell’Indotto». Tosco della Cisl ritiene si tratti di «un accordo utile e necessario all’economia e alla coesione sociale; un accordo che merita l’attenta e positiva valutazione dei lavoratori e di tutta la comunità torinese». Per Vincenzo Aragona della Fismic l’intesa «porta occupazione, soldi ai lavoratori e non lede diritti». Durissimo Bellono della Fiom: «L’accordo è peggio di quello di Pomigliano e contiene per quanto riguarda la rappresentanza sindacale, un vulnus molto grave per la democrazia. Solo noi abbiamo sollevato il problema di fronte al silenzio delle altre organizzazioni e agli imbarazzi dell’Unione Industriale». Conclude: « E’ evidente che si tenta di cambiare le relazioni industriali nel Paese».
La Stampa, 18 dicembre 2010. Un dono solidale per l’Aquila. La proposta è interessante e anche piacevolmente golosa visti i protagonisti. E lo scopo è nobile: i fondi verranno devoluti per i progetti di ricostruzione dell’Aquila. Organizza il tutto la Cna, la confederazione dell’artigianato e l’Arci. E’ stato creato un pacco dono che viene venduti a 30 euro e che racchiude molte specialità, sia nostre sia piemontesi , sia abruzzesi. Vediamo quali: il famoso torrone dei fratelli Nurzia dell’Aquila; la distilleria Bernard, di Pomaretto, con il Barathier (elisir di montagna), la panetteria maturo Demartini, di Salassa, con i torcetti di Lanzo e del Canavese; il pastificio dell’Arco di Luigi Mazzilli, che si trova a Rivalta, con i fusilli tre sapori; Tuttovo di Rivoli con il sugo piccantino; l’Atelier del cioccolato di Guido Castagna , di Giaveno, con l’ormai famosa tavoletta. I prodotti hanno sapore in più perché, oltre alla qualità d’eccellenza, hanno il gusto di un gesto d’amore per chi oggi ha molto poco di cui gioire: una semplice occasione per far riflettere il consumatore sulle proprie scelte di acquisto e proprie sensibilità. Il picco natalizio «I sapori della solidarietà» si può ordinare al Comitato Arci di Torino, di via Cernaia 14, o ai circoli Arci che aderiscono all’iniziativa . Info: 011/56.13.113; www.arcitorino.it.
La Stampa.it, 7 dicembre 2010. Mirafiori, appello dell’indotto a Fiat: “Si a un contratto per il settore auto”. Cna Torino: «La rottura delle trattative potrebbe ripercuotersi anche sui piccoli imprenditori». Torino continua lo stato di agitazione nello stabilimento della Fiat di Corso Agnelli e questa mattina si è propagato anche ai lavoratori della Presse: altre due ore di sciopero dalle 9 alle 11 e un corteo interno alla fabbrica lo ha reso noto il sindaco Fiom, secondo cui l’adesione è stata superiore al 50% contro il 17% calcolato dall’azienda. Ai cancelli, un gruppo di studenti ha distribuito volantini, in cui rivolgono l’invito agli operai a lottare insieme e tenere unito il fronte cittadino su i due temi caldi che agitano l’autunno torinese, lavoro e istruzione. La tensione che nelle ultime settimane ha scosso la città dimostra quanto ormai l’incertezza figlia della crisi interessi la collettività su più livelli, non soltanto il comparto economico. La richiesta di aprire nuovamente il dialogo su Mirafiori oggi arriva direttamente dalla Cna (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa), che scende in campo per ricordare alle parti in gioco i pesi sul piatto della bilancia: «gli effetti negativi che una rottura avrebbe sull’indotto auto, sul tessuto delle piccole imprese manifatturiere , già fortemente provate dalla crisi , sui consumi della nostra area che continuano ad essere stagnanti». I presidenti provinciali di Cna Torino, Daniele Vaccarino, e Cna industria, Rosa Maria Polidori, sono favorevoli che «le parti sociali si attivino per la definizione di un nuovo sistema contrattuale per il settore auto da applicare a tutte le aziende della filiera: grandi medie e piccole industrie e aziende artigiani, tenendo conto delle differenze e delle specificità esistenti nei contratti metalmeccanici industria ed artigianato». L’appello non è solo rivolto a Marchionne – che proprio ieri sera ha affermato di non sapere se si riuscirà a raggiungere un accordo entro Natale- , ma è esteso a tutte le istituzioni. I vertici della Confederazione hanno espresso preoccupazione per l’«assenza , diversamente da quanto fatto dai maggiori stati della Ue, di una politica industriale nazionale per l’auto e di provvedimenti di sostegno e di stimolo ai progetti di ricerca e sviluppo sull’auto ibrida e su quella elettrica». E’ chiaro il valore cruciale della trattativa: il rischio che le conseguenze delle scelte di Fiat e sindacati si ripercuotono drammaticamente sui piccoli imprenditori del settore e creino una sorte di reazione a catena è reale. «La governabilità degli stabilimenti si garantisce con la qualificazione della contrattazione collettiva tra le parti – la risposta del segretario generale della Fiom- Cgil, Maurizio Landini, alle dichiarazioni dell’ad Fiat-, realizzando un accordo condiviso dalle lavoratrici e dai lavoratori, non coi ricatti e i “piani B” per escludere il sindacato più rappresentativo». Ancora una volta chiede a Fim e Uilm di convocare le assemblee retribuite per questa settimana: «Rimaniamo come sindacato, più interessati- ha proseguito – affinchè l’investimento previsto per Mirafiori si faccia. Per la Fiom, lo strumento più efficace per migliorare al competitività dell’Azienda, senza cancellare i diritti le leggi rimane il contratto senza deroghe del 2008». Landini ha infine ribadito il no ad un accordo fotocopia di quelli di Pomigliano e alla «costituzione di un newco come strumento per superare il contratto nazionale di lavoro». «Lo sciopero spontaneo di ieri- ha concluso dimostra la necessità dei lavoratori di esseri informati sulla trattativa in corso e sulla riduzione dei loro diritti che si profila all’orizzonte. Ricordo, inoltre, che Mirafiori sarà attiva solo questa settimana, con la cassa integrazione che riprenderà lunedì e durerà fino a gennaio».
La Stampa.it, 4 dicembre 2010. Torino per l’Aquila i sapori della solidarietà. La Confederazione nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa, (Cna) di Torino e l’Arci Piemonte propongono per il Natale 2010 “ I sapori della solidarietà” : un pacco natalizio, composto con prodotti di eccellenza, il cui ricavato di vendita sarà devoluto a favore di progetti di ricostruzione a L’Aquila. Sabato 23 ottobre a L’Aquila è stata inaugurata , con lo scrittore Vincenzo Cerami , la Bibliocasa, raccoglie, che raccoglie oltre 40.000 libri donati da tutta Italia ai cittadini aquilani e Cna Torino e Arci Piemonte propongono di devolvere tutti i proventi delle vendite dei pacchi “I sapori della solidarietà” a questo progetto. I pacchi saranno un vendita a 30,00E a pacco saranno destinati ai progetti di sostegno della alla ricostruzione. I prodotti presenti all’interno del pacco hanno un sapore in più perché, oltre alla qualità d’eccellenza piemontese, hanno il gusto di un geto d’amore per chi oggi ha molto poco di cui gioire una semplice occasione per far riflettere il consumatore sulle proprie scelte di acquisto insieme a proporre sensibilità verso i temi della solidarietà. Il pacco natalizio “I sapori della solidarietà” potrà essere ordinato e poi ritirato presso il Comitato Arci di Torino (via Cernaia 14) o presso i circoli Arci che aderiscono all’iniziativa. Per maggiori informazioni www.arcitorino.it - Tel. 011.56.13.113.
La Stampa, 20 ottobre 2010. L’allarme degli artigiani: “Imprese a rischio senza piani di sviluppo". La ripresa è così leggera che il settore dell’artigianato ristagna la punto che la Cna che ha curato l’indagine quadrimestrale – lancia l’allarme: o si arriva a politiche di sviluppo anche sfornando nel contenimento del debito, oppure molte aziende sono a rischio. E’ vero che cala leggermente- dal 5,al 4,5 per cento la percentuale di chi teme di chiudere, ma le prospettive rimangono piatte. E nel giorno rileva che la Cna che il ritorno al pre crisi è un miraggio, l’Ance del Piemonte annuncia che le previsione sul fatturato del settore edile sono le peggiori dal 2006. Su tutto pensa come sempre, il problema dell’indebitamento; quello a breve è cresciuto per le Cooperative sociali di Confcooperative del 280% rispetto all’anno precedente e il 25% delle imprese del settore –che occupa 17 mila addetti – ha chiuso il 2009 in perdita. La vera tragedia sono i termini di pagamento la media 2009 ha raggiunto i 153 giorni lavorativi, con punte fino a 356, contro 110 del 2008. Nell’edilizia del confronto con la prima parte del 2010, i mesi di lavoro subiscono un calo: in media 10,3, di cui 7,3 per i lavori privati e 3 per i pubblici, contro i 13, 8 dei primi sei mesi dell’anno. Il 39,9 % delle imprese prevede un calo del fatturato e il 28% una diminuzione del personale. Solo il 3% ne stima invece un aumento. Dice i presidente dell’Ance Giuseppe Provvisiero «Ora più che mai alle nostre aziende occorre il sostegno dei decisori pubblici. Non ci stancheremo di ripetere, che soluzioni forti in grado di portare effetti già nel breve periodo ci sono come l’avvio di piccoli interventi diffusi sul territorio e una nuova qualificazione di bell’aspetto che consenta alle imprese più serie di non pagare le conseguenze di questa crisi». La Cna ha fotografato una situazione complessa. Dicono Daniele Vaccarino e Paolo Alberti: «A settembre 2010 2010i risultati delle imprese artigiane si sono dimostrati meno positivi di quanto preventivato quattro mesi prima». Il 24% ha fatturati in calo rispetto alla previsione del 19,7% di maggio , e l’aumento di volume di d’affari ha riguardato il 21% delle imprese contro il 32% della previsione. Per gli ultimi quattro mesi dell’anno le aziende che intendono assumere passano dal 6,5% dello scorso quadrimestre all’attuale 5,9% m si riduce il numero di coloro che intendono ricorrere agli ammortizzatori sociali che scendono al 5%dal 20 del periodo precedente. Più negativa la condizione della piccola industria. Il 20% del campione prevede di chiudere l’anno con il fatturato in contrazione; erano il 3% mentre resta invariato il dato delle attese di aumento (29,4%) e in lieve peggioramento quello di coloro che aspettano il mantenimento degli attuali livelli (50% contro il 55,9% del quadrimestre precedente).
La Stampa, 13 ottobre 2010. Più offerte di lavoro ma solo per manager. Rispetto ad un anno fa sono almeno 31 mila i senza lavoro che si sono aggiunti all’esercito dei 130 mila disoccupati in Piemonte. La buona notizia per loro è che il numero di offerte di impiego è in lento ma in costante aumento da febbraio del 2010. E’ quello che indica il Monster Employment Index». Un indice simile a quello delle azioni in borsa che sale quando aumentano le offerte di lavoro pubblicate sui siti internet specializzati e scende quando le proposte diminuiscono. «La costruzione mensile dell’indice è data dall’analisi delle offerte di lavoro dei maggiori portali di ricerca di personale e dei più importanti siti di recuiting aziendale che vengono depurati dalle duplicazioni degli stessi annunci su diversi siti», Spiega Elisa Schiavon , marketing manager di Monster. It uno dei portali più cliccati dalla rete (162 mila annunci attualmente attivi per il Piemonte). Ad agosto il termometro delle offerte di lavoro ha segnato 162 punti uno in meno di luglio (ma d’estate è fisiologico) e 22 in più rispetto a gennaio. «Nel post crisi ci si è spostati di più nelle ricerche di tipo manageriale, le figure che per prime sono state espulse durante le ristrutturazioni aziendali; ora devono essere reintegrate per riorganizzare le imprese – spiega Schiavon. Secondo quanto si possono vedere dalle offerte di lavoro ora ci sono buone possibilità nel settore delle vendite, del marketing e in quello ingegneristico». «Si sta recuperando il blocco delle assunzioni di fine 2008 per le figure dirigenziali: le aziende sono ancora molto caute, ma c’è una ripresa della ricerca per nuove assunzioni». Concorda Walter Bonelli, partner di Praxi, gruppo attivo da quarant’anni. «Attualmente abbiamo 135 dossier di selezione aperti in Piemonte, tra i quali direttori di stabilimento ed export manager del cuneese, un gestore di autoparco per una società di trasporti del vercellese responsabilità dell’area “operation” nell’alessandrino». Secondo l’analisi dell’indagine Excelsior del ministero del Lavoro sono infermieri, ingegneri elettronici e specialisti di gestione di controllo delle imprese private i mestieri qualificati più difficile da reperire in Piemonte: in altre parole, chi ha queste competenze dovrebbe difficilmente rimanere senza lavoro. Tra i non qualificati sono pavimentatori, pasticcieri e manovali. Le figure ricercate sono comunque tra le più disparate nelle diverse province: dal magazziniere a Santa Vittoria d’Alba all’addetto ufficio peso nelle vicinanze di Fissano; dall’addetto alla gastronomia a quello per il fast food nei pressi di Cuneo: e ancora gommisti a Biella, orditrici a Cossato estetici ad Alessandria, programmatori nel novarese. A dare un buon ventaglio di offerte nelle varie province piemontesi e un altro sito specializzato: eurometis.it. «Quello che posso ancora consigliare in questa fase è non è restare fermi se si è disoccupati – spiega Bonelli. Che sia un corso all’estero per imparare meglio una lingua o un master piuttosto che un lavoro meno qualificato e meno retribuito nel precedente l’importante è reagire alla situazione di difficoltà non è da considerare svilente un’offerta inferiore alle proprie capacità che può essere invece un buon modo per rimettersi sul mercato presentarsi alle successive selezioni senza ansia del disoccupato». Un consiglio che vale ancora di più se si guarda i dati e le previsioni sul mercato del lavoro dei prossimi mesi: lo studio Excelsior del ministero del lavoro prevede infatti un 2010 che chiude a -1,6% di occupati rispetto al 2009, con tutte le province che pagano il prezzo dell’aumento della disoccupazione. E’ uno scenario che per ora le cifre hanno purtroppo confermato di mese in mese.
La Stampa 13 ottobre 2010. Posti per piazzaioli o sarte. “Ma per gli artigiani è dura” . «Panettieri, pizzaioli e sarte e rammendatrici: il lavoro c’è ma bisogna saper fare sacrifici»Il presidente di Cna Piemonte, Franco Cudia, non nega che ci sia una situazione difficile di mercato per il settore artigiano soprattutto nel settore edile e impiantistico di base, ma sottolinea anche ci sono sempre opportunità nuove, anche in Piemonte. «Nel settore degli impianti per il settore energetico nelle abitazioni o degli impianti fotovoltaici ci sono buone opportunità di impiego, ma c’è necessità di manodopera. Non basta più il diploma tecnico c vuole un percorso di qualificazione più completo». Sul tema della formazione il presidente della Cna ha più qualche sassolino da levarsi: «Quella regionale e provinciale non serve a nulla: l’80 % dei fornitori non hanno le competenze necessarie. Sull’altro versante i tirocini non funzionano: come fa un artigiano a pagare un ragazzo che non sa fare ancora nulla 800 1000 euro mentre un avvocato o un notaio – che ha ben altri margini – lo paga 400? Permettiamo ai giovani “di andare a bottega” a 15 anni con stage non troppo onerosi per chi li prende in carico. Poi coinvolgiamo gli artigiani in pensione: facciano qualche ora di volontariato per insegnare il mestiere alle nuove generazioni permettendo di non perdere un patrimonio di conoscenze che in Piemonte è frutto di secoli di tradizione più apprezzato all’estero che in Italia». Ovviamente non basta imparare un mestiere, bisogna anche poi aver la voglia di faticare anche fisicamente, per raggiungere i risultati. «C’è un problema a monte trasversale in tutti i settori: la poca appetibilità della piccola impresa e del lavoro manuale per tanti ragazzi soprattutto italiani. Anche chi segue un percorso professionale spera in realtà spesso di finire in progettazione, nel lavoro direzionale. Ma proprio per dirigere un’impresa artigiana bisogna prima imparare il mestiere manuale su 30/40 inserimenti di norma uno solo dimostra di avere la chance, le competenze e le professionalità per diventare qualificato e autonomo».
La Stampa, 10 ottobre 2010. Slow fashion al debutto. Il marchio collettivo Slow Fashion – 100% italian Passion depositato da Cna Federmoda per valorizzare l’artigianato tessile – abbigliamento- sbarca a «Euromineral Expo», rassegna dedicata a minerali, fossili e gemme al Lingotto Fiere di via Nizza 294, Padiglione 1, fino a stasera. Qui, per la prima volta, dieci creativi espongono i loro pezzi d’autore. All’’interno dell’iniziativa «Pietra su pietra- la moda mai vista a Torino. viene mostrata una collezione di capi e accessori per la casa tempestate di «sassi» preziosi: tra parure di grande effetto scenico, abito da sposa e cerimonia, esposto anche un copriletto con inserito in pelle e pietre dure di Alberto Bongini, e una lampada stile Liberty in ceramica Raku e minerali grezzi. Il salone è interessante per i collezionisti: si trovano cristalli rari dal 50 mila euro. Oggi la manifestazione (alla sua 39 edizione ) apre alle 9 chiude alle 19.
La Stampa, 1 ottobre 2010. I baby imprenditori al Piccolo Regio al Piccolo Regio parlano d’innovazione. Il titolo è in se tutto un programma, anche se sembra una battuta di Nanni Moretti: «Il futuro non è più quello di una volta». Da oggi pomeriggio fino a domani oltre duecento giovani artigiani imprenditori della Cna si riuniscono al Piccolo Regio per ragionare su come affrontare l’innovazione. Ricco il carnet di invitati da Kerry Kennedy òa figlia di Rober che si occupa dei diritti umani ad Alessandro Baricco ad Ermete Realacci a Roberto Burdese di Slow Food. Al ministro Giorgia Meloni. I temi sono arditi: la sostenibilità in economia e l’etica d’impresa ambiente, energia, cibo, diritti conoscenza, innovazione, ricerca. Ma il vero clou della due giorni è la sessione dedicata alle imprese creative. Tra i campioni Erica Vagliengo (in arte Emma Travet). Una scrittrice imprenditrice di Pinerolo. Ha prodotto un romanzo, «Voglio scrivere per Vanity Fair». E lanciato su Internet il progetto Emmat: innovativo esempio di self marketing che ha come protagonista la sua alter ego. E poi c’è Teo Musso, che ha inventato a Cuneo il Birrificio Baladin. Si trattadi micro birrificio e birreria che realizza ad alte fermentazione come la Super e la Isaac. Ha recentemente aperto l’Open Baladin di Roma. L’idea di Musso è quella di portare la birra artigianale, dopo enoteche e ristoranti nelle birrerie. Un altro imprenditore presente, sarà Paolo Fulini presidente de la «Fabbrica del Sole». Nata dieci anni fa ad Arezzo è una della realtà più avanzate sul piano delle energie rinnovabili e delle tecnologie applicate all’ambiente. Michele Magi delle Sortron Ricerca e sviluppo rappresenterà il mondo della ricerca nel campo di sensori innovativi e sistemi elettronici per applicazioni industriali. Non mancano al convegno ideato dal presidente nazionale Cna giovani imprenditori, Andrea Di Benedetto – gli interventi del segretario generale della Cna Sergio Silvestrini e di politici e studiosi.
La Stampa, 20 settembre 2010. Cantieri bloccati e troppi debiti. L’edilizia non riparte. Solo a Palermo nell’ultimo anno sono morte 200 imprese. «Soffriamo il pesante effetto di un mondo delle costruzioni fermo». Si lamenta il presidente dell’Ance locale, Giuseppe di Giovanna. «Mentre l’hausing sociale rimane nei cassetti del comune, ostaggio dei partiti». Da un capo all’altro d’Italia la Cna stima che «in assenza di incentivi, la situazione è destinata ad aggravarsi, dopo i duemila posti tagliati nel 2009 e ben 448 aziende chiuse o sospese». In Lombardia, la ragione più ricca del paese, in 2 anni hanno perso il lavoro 22 mila edili, il 15% del totale addetti. Non bastasse il monte salari è sceso dal 14,1% Paolo Galessi della Confapi denuncia il rischio fallimento per il 10% degli associati e soprattutto fa boom la prassi di inquadrare i lavoratori edili al primo livello a prescindere dalle mansioni(in 10 anni sono passati dal 27 al 43%). Nella placida Umbria che cerca ossessivamente il Nord a preoccupare Osvaldo Cecconi della Filca Cisl son invece i contratti part- time: «quasi duemila in pochi mesi. Quattro ore in cantiere e stipendio a metà». La cosa puzza molto di lavoro nero perché il part time dimezza i contributi per le aziende in apnea con il resto della paga che arriva sottobanco. E ancora. Secondo la Fondazione Moressa, la piccola impresa veneta nel primo semestre 2010 ha ridotto dello 0,5% l’occupazione ma nel comparto edile la riduzione è pari al 2,6% (12 mila addetti). Insieme sono aumentate del 27,9% le crisi aziendali dopo l’infornata di 229 imprese già fallite nella seconda metà 2009. Scendendo poi in Emilia e Reggio l’esplosione della bolla sta lasciando migliaia di appartamenti invenduti, cantieri fermi e molti lavoratori in mora perché non riescono a pagare il mutuo sulla casa. Numeri di una grande spoon river in giro per l’Italia, un deserto crudele perché silenzioso sottotraccia. Giù fatturati addetti meno 210 mila in un biennio) investimenti meno 18% in tre anni, compravendite (meno 30% in tre anni) e su l’invenduto specie nei piccoli centri. Se ci aggiungiamo il fatto di stabilità che blocca i pagamenti ( la piaga maggiore per il 58% delle imprese) e la stretta creditizia (un martirio per il 40% degli imprenditori), il 2010 rischia di essere l’anno nero dell’edilizia: 370 miliardi di fatturato complessivo, 3 milioni di occupati tra diretti e indotto circa l’11% del Pil nazionale. Qui non c’è la valvola dell’export ne la ripartenza tedesca a cui agganciarsi. Il 90% del comparto è fatto da Pmi che servono il mercato locale. Non a caso i primo fuochi registrati dall’Istat dopo sei cali consecutivi dell’Indice della produzione (+ 25% nel secondo trimestre 2010) restano confinati nelle grandi città non si spalmano sulla provincia Italiana dov’è in corso la grande moria (meno 25 mila imprese dall’inizio della crisi e la contrazione del mercato residenziale segna meno 12,2% (contro il meno 7,7 dei comuni capoluogo). Dice Paolo Bellini presidente di Anama. (agenti immobiliari) che anche sulla crescita dei mutui bisogna fare la tara: «In questo caso stanno giocando i tasti bassi che portano a molte sostituzioni e surroghe». Ergo: parecchi atti firmati in questi mesi sono riscritture non nuovi acquisti. Il capitale complessivo erogato per finanziare nuove compravendite non a caso si è ridotto da 34,5 miliardi a 31. E quando si vende lo stesso nel 78,8% dei casi lo si fa a sconto tra il 5 e il 20% (stime Bankitalia). A Riprova che il mercato si sta forse normalizzando nelle dieci e grandi città italiane ma la periferia resta una cayenna aggravata dall’esplosione dei bandi di gara sopra i 100 milioni di euro (nell’ultimo decennio dell’1,6 al 36,3%) e dal contemporaneo taglio del 25% di quelli sotto i 5 milioni. Era tradizionalmente il tesoretto dei piccoli, costretti a infilarsi delle catene torbide del sub- appalto brodo di coltura per i 300 mila lavoratori «fantasma» nei cantieri, i 5 miliardi di euro evasi e il boom delle partite Iva fittizie (+200 per cento). Naturalmente un po’ di selezione serve a ripulire il settore da una bolla che ha drogato il comparto per 15 anni, quando tutti si sono messi a costruire. Ottocentomila imprese censite nelle camere di commercio di Italia sono un numero abnorme. Si è costruito dappertutto oggi si paga il prezzo di appartamenti invenduti su cui gravano costi finanziari, capannoni fantasma, specie nel Veneto Felix e lungo la Via Emilia. Dove molti imprenditori sono costretti, per saldare i debiti a passarsi gli appartamenti come figurine. Basta un numero per comprendere il fenomeno: nel trevigiano ci sono 1,1 milione di appartamenti per 900 mila abitanti. «Chi fa manutenzione se la cava » spiegano dalla Cgia di Mestre, «ma per chi deve vendere è un deserto». Il mix tra imprese indebitate (+ 23% gli incagli sui fidi edilizi) e un mercato immobiliare fermo e micidiale per la provincia italiana. Sena più i mutui cento per cento il ceto medio non riesce ad alimentare la domanda necessaria e a smaltire il surplus di mattone. E dalle banche l’Imput è blindato: dopo la stagione del denaro facile si chiedono più garanzie, le erogazioni non coprono più del 60-70% del mutuo. Tuttavia se crolla l’edilizia viene già tutto il paese comprendono un indotto vastissimo servizi di ingegneria industria del cemento, fabbricazione di strutture metalliche, prodotti di legno piastrelle, ponteggi macchine per l’edilizia e prodotti per l’isolamento. Una filiera lunghissima per cui la crisi quella vera non è affatto smaltita.
La Stampa, 15 settembre 2010. Vietato aggiungere un posto a tavola. Secondo quanto accertato in un paio di controlli dagli agenti dalla polizia municipale di Cavour, gli agriturismo non rispettano il tetto massimo di 60 coperti. Ma la vicenda sembra assumere una dimensione che va al di la della sanzione amministrativa. Infatti la Lega Nord sezione di Villar Perosa schierata dalla parte degli agriturismi intende far varare dalla Regione una nuova legge in materia incaricando un legale di Pinerolo di tracciare le linee guida. Spiega l’avvocato Andrea Marchetti: «Per conto della Lega stiamo analizzando quel vuoto legislativo esistente fra la legge regionale 38 del 95 e la legge 96/2006 dello stato. La prima aveva inserito il limite del 60 coperti, mentre la seconda non ne fa menzione, puntando l’attenzione sulla qualità e sulla tipologia dei cibi serviti. Se inizialmente un agriturismo poteva proporre soltanto carne e verdure prodotte all’interno dell’azienda agricola, al nuova legge da facoltà di allargare l’offerta inserendo piatti locali di chiara tracciabilità cucinati con prodotti che provengono da un consorzio di agriturismi». In pratica in una struttura del genere sul Po non potranno essere serviti gli spaghetti con le vongole, mentre oltre ai pesci di fiume sarà possibile portare in tavola le tome dei margari. Ma la questione è complessa in quanto il controllo dei coperti, per ora effettuato solo a Cavour potrebbe estendersi a macchia d’olio. « Una buona fetta dell’economia di queste aziende si basa proprio sull’attività di ristorazione – spiega l’avvocato Marchetti e qui non si sa più quale legge fare riferimento». Fra le obiezioni sollevate dal legale c’è pure quella relativa alla competenza sul controllo. «Se si tratta di una violazione amministrativa il verbale tocca ai vigili; in caso contrario se non vengono rispettate le leggi dello stato, dovrebbe intervenire la guardia di finanza». Al termine dell’analisi del legale spiega Massimo Raviola , segretario Lega Nord della Val Chisone chiederemo al consigliere regionale Angeleri di far approvare la mai varata proposta di legge della Coldiretti volta ad una semplificazione dei regolamenti. Se alcuni agriturismi hanno al possibilità di servire cento coperti , non vedo perché si debba mortificare il settore. In Lazio o in un Umbria questo vincolo non esiste. In Lombardia, invece, il numero è legato alle presenze mensili».
La Stampa, 15 settembre 2010. Genovesio: in alcuni locali si servono più di 200 pasti. Sulla vicenda prende posizione Giovanni Genovesio nella doppia veste di presidente provinciale della Cna Commercio e assessore e assessore sempre la commercio del comune di Cavour, che precisa: «Il problema va affrontato a livello istituzionale. Sono esterrefatto nel sentire che la Lega Nord, partito che siede in Parlamento non intenda far rispettare una legge dello Stato». E poi aggiunge due punti: «Se si abbattono determinati limiti, come quello dei 60 posti trasformando gli agriturismi in veri e propri ristoranti allora gli stessi devono essere soggetti alle medesime tariffe dei ristoranti per lo smaltimento rifiuti. Invece attualmente esenti dagli oneri di urbanizzazione e a questa categoria di riconoscimento agevolazioni che non valgono per un ristoratore». Abbiamo richiesto i controlli dopo che un consigliere comunale aveva denunciato sforamenti con oltre 200 coperti».
La Stampa, 10 settembre 2010. Artigiani anno zero: “La crisi è colpa dei pagamenti lenti”. La Rassegna dell’Artigianato inaugurata ieri a Pinerolo è visitabile fino a domenica sera e l’occasione per tre associazioni di categoria, Cna, CasArtigiani e Confartigianato di fare il punto su questo settore che, seppure fra alti e bassi rappresenta un comparto economico di grande importanza. «Siamo testimoni di un profondo cambiamento del mercato – spiega Mauro Prot responsabile della Cna Artigiani di Pinerolo – l’artigianato cosiddetto tipico e artistico che riporta ala mente a figura del falegname che crea il mobile o del fabbro, che con incudine e martello realizza la cancellata oggi è molto meno presente di una volta. E questo perché oggi servono artigiani specializzati in settori tecnici . Ecco allora che aprono i laboratori di antennisti di tecnici che montano gli allarmi o di installatori di pannelli solari». Non tutto, ca va sans dire, è rose e fiori. Dalla Camera di Commercio di Torino arrivano i numeri che servono per comprendere la situazione. Al 31 dicembre 2008 a Pinerolo c’erano 1.109 aziende l’anno successivo si è saliti a 1.121 per arrivare al 20 giugno di quest’anno con 1.145 con un incremento del 2,1%. Sono invece aumentate del 14,8% le attività legate all’informazione e alla comunicazione mentre è stabile il settore delle costruzioni in calo invece le imprese a carattere tecnico scientifico. La crisi insomma esiste anche per le aziende artigiane spiega Aldo Suppo, presidente di CasArtigiani: «Questa categoria cerca di tutelare l’occupazione con tutte le sue forze, ma deve fare i conti cin un sistema che ormai ha dilatato troppo i termini di pagamento». Aggiunge Dino De Santis , presidente della Confartigianato di Torino: « Oggi, proprio per motivi legati alla crisi l’artigiano deve essere più tutelato dalle sue associazioni di categoria e deve sentire più forte il senso di appartenenza al gruppo. E se, l’esperienza è importante non bisogna dimenticare il valore che hanno la formazione e l’aggiornamento». Il turn over particolarmente dinamico delle botteghe artigiane che aprono e chiudono al sua spiegazione proprio nella crisi dell’industria. Conclude Mauro Prot:«Quando un’azienda licenzia cento dipendenti, solo una minima parte riesce a trovare un ‘altra sistemazione. Per questo assistiamo alla nascita di nuove attività artigianali. Aprono in fretta ma purtroppo non tutte hanno una solida esperienza alle spalle e cosi altrettanto in fretta arrivano nei nostri uffici per chiederci di assisterli nelle pratiche di chiusura».
La Stampa, 9 settembre 2010. Non solo intagliatori. Quando l’artigianato sposa la tecnologia. Da oggi alle 17,30 e fino a domenica Pinerolo si veste di artigianato. Vie e piazze saranno chiuse al traffico per ospitare la 34 Rassegna dell’artigianato del pinerolese l’evento più importante dell’anno quello che è capace di attirare oltre centomila visitatori. In città sono rappresentati l’artigianato artistico quello dei servizi costituito da quei bravi tecnici che sanno dare una risposta alla continua richiesta di tecnologia delle nostre case e l’artigianato della gastronomia. Quest’anno ha ampliato i suoi spazi: in piazza Matteotti lunghe tavolate carne alla griglia e birra a volontà in piazza Santa Croce il Museo del Gusto di Frossasco che promuove cucina e vini del territorio accanto agli stand del Salento che portano dolci e olio. In Piazza Marconi e via del Pino i prodotti della Coldiretti, in via Savoia quelli del Paniere della Provincia . Cuore della rassegna piazza del Duomo e le vie che la circondano, qui si trova l’eccellenza artigiana. Nelle vicine piazza Cavour ci sono gli stand di quelle imprese che hanno fatto del rispetto dell’ambiente, la green economy il fiore all’occhiello della loro attività. E così ci saranno i pannelli solari quelli fotovoltaici, ma anche i produttori di infissi e serramenti. «E’ una formidabile occasione di marketing- dice Paolo Covato, sindaco della città- ma non solo in questo modo diamo a tutti la possibilità di riscoprire le vie più belle di una Pinerolo medievale. E mentre si celebra il ruolo degli artigiani promuoviamo il turismo e consolidiamo i rapporti di amicizia con altre province, come vuole la tradizione. Quest’anno ospiteremo il Verbano Cusio Ossola». La rassegna dell’artigianato è stata spostata di una settimana per farla coincidere con il 26 Concorso Ippico Internazionale, che prende il via domani . E proprio il cavallo è il tema del primo concorso di scultura che si svolgerà sabato e domenica , quando 28 artisti trasformeranno un anonimo pezzo di legno in un opera d’arte. Giornate di festa, ma anche importanti per fare il punto su un comparto produttivo che certamente non è sfuggito alla crisi. Spiega Mauro Prot, presidente della Cna di Pinerolo la confederazione che promuove la rassegna: «Su 6000 imprese, 1300 sono iscritte alla Cna: questi artigiani sono legati al territorio e hanno una visione completamente diversa della realtà che li circonda rispetto alla grande azienda, che al termine di un Consiglio di amministrazione decide di tagliare drasticamente il numero dei propri dipendenti. L’artigiano piuttosto corre il rischio di fallire, ma difficilmente licenzia i suoi collaboratori. Oggi servono però nuovi modelli e gli artigiani devono imparare a consorziarsi fra di loro a fare rete e soprattutto ad imporsi di più nei confronti dell’ente pubblico che paga con ritardi». Fra le curiosità della rassegna quest’anno in piazza Verdi è stato allestito il villaggio artigiano qui il pubblico non solo potrà vedere come nasce un vaso in terracotta ma potrà anche imparare ad impugnare una sgorbia per intagliare un pezzo di legno. Piccoli laboratori dove poter interagire con gli artigiani che diventano docenti . E poi nella vicina via Savoia ampi spazi per gli esperti del bricolage. Ma la rassegna e anche una vetrina sulle opportunità culturali che la città sa offrire, saranno infatti tutti aperti,i musei cittadini, da quello di Scienze naturali alla Cavalleria.
La Stampa, 27 agosto 2010. “Serve un contratto di area che tuteli le piccole imprese” . Cambiare si deve, ma senza dimenticare che la stragrande maggioranza dei metalmeccanici, anche in Piemonte, è occupata nella piccola e media impresa. Il segretario della Cna, Paolo Alberti, interviene nel dibattito sulla necessità o no di arrivare a un contratto dell’auto - ha cui hanno partecipato il presidente degli industriali Gianfranco Carbonato, il deputato Pd Cesare Damiano, lo storico Beppe Berta, e il segretario Fiom Giorgio Airaudo- spostando l’ottica sulla piccola azienda. E ammonisce: «Fare i conti senza questa realtà è assurdo, sbagliato e dannoso». Che cosa ne pensa di un possibile mutamento di scenario con un contratto scritto apposta per i metalmeccanici dell’automobile? «Quello che c’è è di cui siamo firmatari senza dubbio un contratto un po’ vecchio che cerca di tenere insieme troppe figure diverse. Una volta ovunque c’era il ferro c’era un meccanico. Adesso le cose sono molto cambiate e quel modello va più bene». Con che cosa sostituirlo allora? «Io ho in testa un’idea un po’ diversa da quelle di cui si sta discutendo. Penso più che ha un contratto di settori a uno cosiddetto di area, che mette insieme pezzi specifici di produzione di un territorio». Ma con quale dimensione? «Può essere la provincia o anche un territorio più piccolo perché la specificità siano chiare. Propongo di riprendere quel tavolo avviato con sindacato e Confapi per dare un contributo». Ma quale sarebbero i vantaggi di una dimensione non nazionale? «Nessuno sembra ricordarsene ma la maggioranza dei metalmeccanici lavora le aziende con meno di cinquanta addetti anche qui a Torino. E in molte di quelle il sindacato non c’è, non esiste. Un contratto d’area consente di passare a un modello di relazioni sindacali su base territoriale». In quella sede ci si dovrebbe occupare anche di flessibilità? «Sarebbe la sede giusta per coniugare diritti del lavoro e flessibilità tese a rendere le imprese più competitive». Ma il sindacato di solito guarda con sospetto queste ipotesi. O no? «Sì, il sindacato non sempre è attento come dovrebbe delle piccole e medie aziende, eppure è li che si concentra la maggioranza di lavoratori ed è lì che si difende l’occupazione in questa crisi». A proposito di crisi come sta andando? «Direi che la crisi non c’è più. Sembra un assurdo, ma è diventata purtroppo una situazione permanente di calo generalizzato della produzione. Servirebbero politiche nazionali e locali per sostenere le imprese che esportano l’unico settore in ripresa». E invece? «E invece si fa troppo poco si fa anche in un altro campo quella della messa in rete delle imprese». Che significa? «Che troppe aziende sono troppo piccole. Così non riescono a stare sui mercati. Ma potrebbero lavorare insieme e offrire così ai potenziali clienti quantità sufficienti di prodotti . Questo sarebbe un modo di fare politiche del lavoro molto più utili dei corsi di formazione. E’ mettere le imprese nelle condizioni di lavorare che grantiscono i posti». Teme per il futuro dell’occupazione del settore?«La situazione è quella che è a noi stessi e noi allo stato attuale neppure sappiamo se da gennaio ci saranno i fondi per la cassa in deroga».
La Stampa, 8 agosto 2010. Gli artigiani: il prelievo del 10% è una rovina. La metafora non è nuova, ma rende l’idea. Andrea Talaia del settore edilizia della Cna non ha dubbi:«Questo provvedimento toglie ossigeno a chi già non riesce a respirare e si tratta di settori che occupano il Piemonte 146 mila addetti». E’ il presidente dell’associazione di artigiani, Daniele Vaccarino, lancia un appello della politica: «Chiedo ai parlamentari torinesi di impegnarsi affinchè si possa ottenere una revisione di questa norma che penalizza gli artigiani in un momento già di crisi già durissima». E’ successo che il governo ha introdotto una ritenuta del 10 per cento sui pagamenti effettua da privati a imprese che hanno effettuato lavori di ristrutturazioni edilizie utilizzando gli incentivi del 36% e quelli per il risparmio energetico del 55 per cento. In sostanza – anche se ancora non è chiaro il meccanico materiale – ogni volta che una volta farà un bonifico bancario o postale per pagare quel tipo di lavoro scatterà la ritenuta. Una sorta di anticipo sulla denuncia dei redditi. Vaccarino non ha dubbi: «La ritenuta del 10 per cento colpisce le risorse delle imprese, pregiudica la loro possibilità di investire, riduce la liquidità disponibile, aggrava le già forti e crescenti difficoltà di accesso al credito per le piccole e medie imprese del settore edile». Aggiunge: « Le nostre imprese non possono permettersi di lasciare per almeno un anno allo Stato un valore pari al 10% dell’imponibile della fattura pagata tramite bonifico dal cliente. Per la maggioranza delle aziende vuol dire rinunciare per quasi un anno al proprio margine di guadagno». E Talaia spiega che il problema è ancora più grave: «In questi tempi di crisi si lavora per non lasciare a casa i dipendenti e per non chiudere mai i margini di profitto sono ridotti all’osso. In molti casi va già benissimo se si guadagna il 3-4 per cento. Un margine ridotto che però consente di andare avanti in attesa che l’economia si riprenda. E’ assurdo che a fronte di guadagni così esigui si debba lasciare il 10 per cento». La Cna dice di no a questa norma e protesta anche per «con il decreto entrato in vigore a luglio il governo penalizza le imprese dell’edilizia dell’impiantistica e della produzione di infissi che operano nel campo della ristrutturazione e della riqualificazione energetica degli edifici». E Vaccarino profetizza amaramente: «Le imprese assisteranno a una pesante flessione del mercato in cui operano il perché il governo non ha voluto prorogare oltre la fine anno le detrazioni fiscali del 55% relative al risparmio energetico. Questo avrà un impatto negativo sull’economia e sull’occupazione». E l’associazione degli artigiani mette insieme numeri notevoli: le agevolazioni fiscali richieste sulle ristrutturazioni edilizie del 2009, in Piemonte, sono state 39986 con un incremento sul 2008 del 15,9%. Su 1.790.022 abitazioni occupategli interventi agevolati del 1998 al mese di aprile di quest’anno hanno riguardato 380.854 pari al 21,3%. Gli incentivi fiscali per gli interventi edilizi per migliorare l’efficienza energetica sono arrivati a 589 mila e prodotto un risparmio energetico pari a 4404 Gwh.
La Stampa, 25 luglio 2010. Pagamenti lumaca alle imprese: “Serve una legge che le tuteli”. Va un pò meglio ma solo per le imprese più grandi per piccoli e per gli artigiani i ritardo nei pagamenti nei bilanci che si somma alla lunghissima crisi. Un mix infernale che rischia di far affogare aziende altrimenti sane. Da tempo chiedono una legge che stabilisca tempi certi sia da parte della pubblica amministrazione sia da parte delle imprese medio grandi a cui spesso le piccole fanno da banca. E il problema è particolarmente grave a Torino e in Piemonte, dove l’industria è ancora molto estesa. Così i deputati torinesi del Pd Esposito, Merlo, Beltrandi, Misiani hanno messo giù un testo di 11 articoli e lo stanno facendo circolare tra le associazioni di categoria. Spiega Esposito: «Da tempo chiedono una legge e hanno ragione. Penso che riusciremo a portarla a casa solo con un’adozione bipartisan e per questo sollecito il centro destra a elaborare un proprio testo su cui confrontarci». Aggiunge: «il nostro articolato non è blindato, spettiamo osservazioni e siamo disposti al cambiamento». Secondo l’associazione italiana per il factoring i crediti vantati dalle imprese italiane nei confronti della pubblica amministrazione sono stimabili in 60-70 miliardi, di cui un decimo abbondante in Piemonte. Esposito fa una provocazione: «Le piccole e medi imprese sono gli istituti di credi più generosi e affidabili nei confronti dello stato e della grande azienda». I tempi di pagamento arrivano anche a 600 giorni per il pubblico. Una media di 18 giorni contro i 67 dell’Europa dove le imprese private pagano in 88 giorni a leggi impositive. In Piemonte come denunciano gli artigiani, le attese sono eterne, anche 7-8 mesi e da qualche tempo per ottenere in molto ritardo i propri soldi si deve concedere un ulteriore sconto. Nella proposta di legge di Esposito si pone il termine di 90 giorni per la pubblica amministrazione. La proposta ha ottenuto molta attenzione tra le associazioni di categoria dice il direttore dell’ Api Roberto Degiovanni: «E’ veramente importante che si muova finalmente qualcosa per questo siamo favorevoli all’iniziativa». Ci sono però dei rilievi nel merito: « Va bene che ci siano termini secchi per la pubblica amministrazione, ma a noi servono scadenze egualmente decise anche per i rapporti tra i privati». E spiega: «Non va bene che i termini siano stabiliti tra le pareti perchè così c’è il rischio che non vengano rispettati e che siano poste condizioni che la piccola impresa non può rifiutare». Analoga la posizione della Cna con Stefano Busi: «Il problema non è solo stabilire tempi e scadenze brevi nei pagamenti delle pubbliche amministrazioni e nelle transazioni commerciali tra privati, che vengono ridotti a 30 per il pubblico a 30-60 con deroghe per i privati, ma riuscire a rispettare con efficacia , individuando meccanismi e strumenti automatici che realizzano la riduzione dei tempi senza dover ricorrere solo a sempre alla procedura del decreto ingiuntivo che deve, a mio avviso essere seguita solo in casi eccezionali».
La Stampa, 18 luglio 2010. La paura di imprenditori e artigiani. “Non si può perdere un altro anno”. Lo penso prima o lo penso adesso: la paralisi amministrativa della Regione sarebbe un bel problema . Il presidente dell’Unione industriale, Gianfranco Carbonato non ha dubbi malgrado le sue parole all’assemblea annuale dell’associazione abbiamo fatto dire a qualcuno che gli imprenditori erano saltati sul carro del vincitore oggi lo ripete: «Non sono di parte, ma mi auguro che non si rivoti. Non si può perdere un altro anno». D’altronde Carbonato si era attirato un bel po’ di applausi dell’assemblea anche quando aveva esortato il governo dicendo: «Non perdete tempo in questioni come le intercettazioni. Collaborate a sostegno delle attività delle imprese, a partire da quelle medie e piccole». La sua preoccupazione è che si congelino «i provvedimenti che chiediamo da tempo a sostegno delle imprese e dei lavoratori». E assicura: «Non è una questione politica; la situazione difficile e tutto ci vuole tranne che un anno di blocco per grane seppure importanti». Preoccupato anche il presidente del Collegio, costruttori Alessandro Cherio, che dice: «Ci sono cose che dovevano essere fatte ieri, non vengono fatte oggi e c’è il rischio che non siano fatte neppure domani». E dettaglia: «Risorse per le opere subito cantierabili , legge urbanistica, piano casa, housing sociale, fondi di garanzia per le imprese che vantano crediti alla pubblica amministrazione». Però ci tiene a precisare: «Naturalmente non è vietato governare». E lo pensa anche Paolo Alberti della Cna: «Non vedo perché la Regione non possa governare i tempi sono lunghi; intanto governino serenamente. In ogni caso credo che non ci si possa nascondere dietro la parola governabilità . L’azione di governo non va anteposta al rispetto delle leggi».
La Stampa, 7 luglio 2010. “Gli appalti degli enti pubblici anche alle piccole imprese”. Ancora una iniziativa della Cna: perché vuole reagire alla crisi, che dopo aver colpito al grande industria sta accerchiando le piccole imprese:«Il nostro è il settore che ha fatto da volano contro le difficoltà dicono Paolo Alberti e Daniele Vaccarino, segretario e presidente Cna Torino- ha tenuto, non si sono fatti licenziamenti, c’è bisogno di interventi concreti,o ci saranno tante chiusure». E i dirigenti fanno presente che su 100 lavoratori con il contratto a scadenza indeterminata nel capoluogo di provincia 57 sono dipendenti di piccole e medie aziende. «Le imprese resistono a stento- aggiunge Alberti non sono più rinviabili le forme strutturali di cui il Paese ha bisogno. Cambiare le regole del mercato del lavoro, adeguare il sistema previdenziale, valorizzare le Pmi, ridurre l’evasione fiscale rendere efficiente la Pubblica amministrazione sono scelte da fare ora». Dall’indagine congiunturale realizzata da Cna Torino svolta su 450 imprenditori «non emergono segnali di ottimismo». Nei primi quattro mesi dell’anno il fatturato è diminuito ulteriormente rispetto agli ultimi mesi del 2009 per il 38% delle aziende invariato il 47% aumentato per il 15%. Tra le ditte più colpite della crisi , le ditte metal meccaniche che nel 46,5% per cento dei casi hanno denunciato un ulteriore calo di fatturato ed erano comunque più numerose il 64,5% nella precedente rilevazione. Preoccupano ancor più le costruzioni che denunciano un calo nel 44% dei casi (contro il precedente 37%) per le autoriparazioni dove le perdite riguardano il 46% delle imprese (contro il precedente 39%) . Cali di fatturato anche nella piccola industria (26, 5%) . Purtroppo, le percentuali di investimento sono in discesa rapida: solo il 7,4% acquista nuovi macchinari che fanno ricerca, nella precedente rilevazione erano l’8,4%. Su fronte dell’occupazione, la situazione è stabile: nei primi mesi del 2010 il 20 % delle ditte intervistate ha fatto ricorso alla cassa integrazione. Le proposte? «Concentriamo le risorse in produzioni che possano riguardare il prossimo lustro – dice Alberti – servono leggi applicabili: è difficile ad esempio in questa fase favorire assunzioni a tempo indeterminato anche se incentivate , le piccole aziende». E’ necessario rivedere gli appalti pubblici di grandi dimensioni, spiega Vaccarino: «Solo il 2% di bilanci degli artigiani il 6% delle piccole imprese è fatto di lavori per gli enti locali: vincono le gare i grandi gruppi e poi eventualmente subappaltano alle loro condizioni e con i loro tempi di pagamento: no va bene, gli appalti vanno aggiudicati anche a noi, direttamente».
La Stampa, 6 luglio 2010. “Le grandi aziende paghino entro 60 giorni, o chiudiamo”. In Italia il tempo medio pagamento di una fornitura da parte di una piccola impresa è salito a 178 giorni. Erano 1001 nel 2008. Se poi si fa il confronto con l’estero gli artigiani dello Stivale finiscono in fondo alla classifica: la più puntuale è a Francia, con 30-60 giorni, per legge. «Basta! Non possiamo più fare la banca delle grandi aziende e degli enti locali», così la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa (Cna) ha scritto una «lettera aperta istituzioni e partiti politici per ottenere leggi e impegni: «Per ora ha detto il segretario generale Sergio Silvestrini- I nostri associati grazie ad ammortizzatori sociali e mettendo a rischio le proprie risorse non hanno licenziato, ma la situazione si sta aggravando». Per la prima volta, l’appello a misure urgenti è stato concordato tra i presidenti regionali di Cna di Piemonte, Liguria, Lombardia e Veneto. E’ il Nord- dove l’azione della Lega ha sfondato con il filone sul federalismo ed è anche alla guida di due delle quattro Regioni, a sollecitare provvedimenti nazionali. Da Francesco Cudia e Michele Sabatino, presidente e segretario del Cna Piemonte , il quadro delle forti presenze del Nord del Confartigianato: 1.800.000 imprese su un totale nazionale di 5,3 milioni (oltre il 35%), e il 98% di queste aziende che ha meno di 50 addetti. I punti: pagamenti, semplificazione, infrastrutture. Pagamenti:«Urge approvare una legge che regoli i tempi, in particolare tra i privati, tra grande e piccola azienda». Semplificazione meno burocrazia e sostegno alle imprese, attenzione alle liberalizzazioni che «non devono diventare il mezzo per ingrosso l’esercito del nuovi poveri». Infrastrutture: più collegamenti portuali, aereoportuali, bisogna essere concreti, chiari per attrarre «nuovi flussi commerciali e produttivi». Nell’incertezza nessuno fa investimenti. Proseguendo il dialogo già avviato con il neo presidente della giunta regionale, Roberto Cota e anche ieri con l’assessore Massimo Giordano (intervenuto in una tavola rotonda a Villa Gualino sul «credito delle imprese») il Cna Piemonte guarda con l’interesse all’ipotesi della «cessione del credito pubblico» presso banche convenzionate con la Regione. Un percorso già avviato, da sei mesi, da presidente della Provincia, Antonio Saitta. Cudia ha denunciato il fatto che «gli appalti pubblici regionali sono sempre più aggiudicati a imprese nazionali, a scapito di quelle locali». Dal presidente del Cogart Cna, Enzo Innocente, la richiesta che «per lavori sotto una determinata cifra (esempio: 500 mila euro) ai procede a licitazione privata», iter collaudato nell’astigiano. «Siamo l’Italia che reagisce», ha chiuso Silvestrini.
La Stampa, 19 giugno 2010. La Reggia si prende tutto compresi i souvenir. L’immagine della Reggia di Venaria sarà protetta dal copyright. Da adesso e fuorilegge chi vende qualsiasi gadgets con su riprodotta la Galleria di Diana, la Torre dell’Orologio o la Citroniera, ad esempio Piatti, tazzine, penne stilografiche, accendini magliette, magneti, cartoline e altre merce esposta nelle vetrine della centralissima via Mensa, ma anche nei negozi di Torino. «Chi vorrà utilizzare un ‘immagine del complesso sabaudo dovrà chiedere a noi l’autorizzazione avverte Daniele Carletti, dirigente del settore amministrazione e risorse umane del Consorzio La Venaria Reale. E aggiunge: «Si stipulerà una convenzione o ci verranno pagate della royalties in base alle quantità di “pezzi” acquistati dai turisti». Incalza: «Esiste una legge del 1993 che regola il diritto di sfruttamento di immagine, non inventiamo nulla di nuovo». I negozi cittadini sono già stati controllati e chi vendeva gadgets della Reale ha ricevuto «un’ammonizione» anche per quelli smerciati in passato e per i pezzi che ci sono ancora in magazzino. Qunato basta imbufalire i commercianti di Venaria che hanno ricevuto una lettera molto chiara «sull’utilizzo di immagini coperte da copyright» e «sulla concorrenza sleale». Missiva arrivata dopo l’impennata di 85 mila visitatori in pochi giorni grazie all’effetto Sindone. «Tre anni fa, prima dell’inaugurazione della Reggia, avevamo proposto di realizzare un merchandising con il copyright, era un bel progetto- si arrabbia Alberto Alberetto, il responsabile della Confesercenti- Dopo quattro incontri con la Regione no abbiamo nulla. E oggi l’okay può arrivare solo dal Consorzio? E’ scandaloso. Se volevano raschiare il fondo del barile ci sono riusciti». Prende fiato: «Poi parlano di controlli effettuati, ma da chi?». E i verbali di queste verifiche dove sono? Qualcuno sta uscendo dal seminato». «Avremmo potuto chiedere il sequestro della merce e procedere per le vie legali, ma vedremo di attuare una sanatoria in accordo con le associazioni di categoria – ribatte ancora Carletti – Comunque non si tratta solo di un discorso economico, ma anche di un uso dell’immagine pertinente, in linea con la dignità e il decoro del monumento». L’unici soggetto ad avere l’okay per l’uso dei loghi, immagini e segni di stintivi della Reggia, per ora, è l’Avta (Associazione venariese tutela ambiente). «Il comunicato spedito ai nostri associati delirante quasi terroristico, perché non si capisce chi si vuole colpire – ammettono allibiti Alessio Stefanoni e Saverio Mercadante , ai vertici della CNa di zona – Anche perché i prodotti commercializzati con le immagini della Reggia sono stati acquistati dai dei grossisti. Quindi si vada a punire loro, non i negozianti della città ai quali non è mai stato comunicato». Prova ad ammorbidire i toni il sindaco Giuseppe Catania che, precisa come: «Non si devono considerare dei “pirati” gli esercenti di Venaria che vendevano la merce in buona fede». Riflette: «adesso è necessario sedersi ad un tavolo e capire cos